Bioetica e diritto: L’inizio e la fine della vita

1. Il giorno 4 dicembre 2008 si è svolta in Roma, presso la sede del Tar Lazio, una tavola rotonda su "l’inizio e la fine della vita" , organizzata dall’ADMI, che ha visto tra i partecipanti il prof. Salvo Patti, il prof. Carlo Flamigni, la sen. M. Elisabetta Alberti Casellati, sottosegretario alla Giustizia, la sen. Fiorenza Bassoli, la psicoanalista Simona Argentieri, le colleghe Zaira Secchi e Maria Rosaria San Giorgio, nonché Linda Sandulli del Tar Lazio ; ha coordinato i lavori la Presidente dell’ADMI, Graziana Campanato.

Le relazioni sono state di grande interesse ed hanno fornito spunti per ulteriori riflessioni . Si offre di seguito una breve sintesi dei lavori, nell’intento di delineare lo stato delle questioni e far emergere le problematiche che hanno visto di recente l’intervento della Suprema Corte e della Corte Costituzionale, la quale dovrà ancora occuparsi della questione di costituzionalità sollevata dal TAR Lazio (rel. dott. Sandulli) in relazione all’art. 14, commi 2 e 3, della legge n. 40 del 19 febbraio 2004.

2. Introduzione di Graziana Campanato : "La nascita e la morte, due eventi che dominano la nostra vita, erano sino a non moltissimi anni fa al di fuori del nostro controllo. Oggi non è più così: la scienza e la tecnica se ne sono impadronite ed hanno messo a disposizione strumenti che consentono di creare la nascita in laboratorio e di prolungare la vita oltre i limiti della natura.

Così un fatto privato come il dare la vita o l’accettare la morte è diventato oggetto di dibattito, filosofico, etico, giuridico, perché nascita e morte non dipendono solo dalla natura, ma dall’applicazione delle tecniche che richiedono il consenso della persona, l’intervento del medico e l’avvio di procedure all’interno delle quali si pone il problema dell’individuazione dei limiti al comportamento umano e della correttezza della loro regolamentazione.

Mentre le opinioni si radicalizzano in ideologie, di fronte al rapporto uomo-tecnologia si può notare un atteggiamento spesso contraddittorio: chi ritiene che sia preminente il diritto alla vita su ogni altro diritto riconosciuto e tutelato nel nostro ordinamento approva i limiti dell’uso degli strumenti che consentono di realizzare nuove nascite ed invoca invece la tecnica , anche nelle situazioni estreme, quando è in grado di mantenere una vita artificiale.

Chi non dà per scontato che il diritto alla vita sia sempre da considerarsi preminente e sottolinea il valore di altri diritti, come la libertà di cura e di disposizione del proprio corpo, ritiene ineludibile che la scienza con tutti i mezzi possibili aiuti l’uomo ad operare una scelta informata nel progetto diretto a creare una nuova vita, ma rifiuta l’idea dell’utilizzo senza limiti- sempre e comunque - della tecnica che consente forme di sopravvivenza puramente biologica ed artificiale

Quando il legislatore perviene ad una regolamentazione di fatti umani così pregnanti e delicati o quando il giudice è chiamato a dare una risposta giudiziaria ai medesimi, il problema che si pone è quello se si debba riconoscere dignità o meno solo ad un tipo di vita, quello della persona sana, cosciente e capace di relazioni, e non anche alla vita di chi non si trova in queste condizioni.

Si tratta di due modi di intendere la vita che vanno rispettati e riconosciuti.

Il problema giuridico è invece quello di non fondare principi in base ad un’unica etica, ma di risolvere le questioni e di regolamentare i diritti alla luce dei valori della Costituzione, che rappresenta l’unica tavola legittimata alla tutela dei diritti dalla stessa riconosciuti, con la quale ogni nuova normazione deve confrontarsi".

In particolare, per quanto attiene al tema della fine della vita, Graziana Campanato ha posto i seguenti interrogativi : vi è un diritto di rifiutare la cura, di disporre del proprio corpo? Cosa si intende per trattamento terapeutico? Come si può esprimere il rifiuto alle cure se si è in stato di vita vegetativa?.

Quanto al tema dell’inizio vita, ha ricordato che la legge n.40/2004 , corredata di linee guida emesse dal Ministero della Sanità, è stata di recente sottoposta al vaglio di costituzionalità dal TAR LAZIO, avendo i giudici amministrativi dubitato che alcune norme dirette a salvaguardare i soggetti coinvolti nel progetto di procreazione assistita siano rispettose dei diritti riconosciuti alle persone dagli artt.2 e 32 della Carta ( divieto di crioconservazione degli embrioni soprannumerari, numero massimo degli stessi, irrevocabilità del consenso all’impianto ecc.) ; ha quindi sottolineato la necessità di individuare lo status dell’embrione e di verificare i rapporti di bilanciamento tra i suoi diritti e quelli della donna , con particolare riferimento ai limiti delle indagini sul consenso informato e sulle condizioni dell’embrione, con l’invito ai relatori ad evidenziare gli eventuali pericoli di una legge più flessibile e i rischi di una rigorosa applicazione di quella in vigore.

3. Il dibattito all’ interno della tavola rotonda ha messo in luce i punti di contatto tra le problematiche concernenti l’ inizio e la fine della vita e la difficoltà per il legislatore di regolare situazioni che coinvolgono scelte essenziali di valori.

In relazione al tema della interruzione della alimentazione ed idratazione forzata è emersa dagli interventi dei giuristi ( Patti, Secchi e Vaccaro) una chiara adesione ai principi espressi dalla Corte di Cassazione nella nota sentenza sul caso Englaro: attraverso il richiamo al quadro normativo tracciato dagli artt. 2, 13 e 32 della Costituzione, dalla Convenzione di Oviedo, dalla Carta dei diritti fondamentali dell’ Unione europea si è sottolineato che non esiste nel sistema, contrariamente a quanto da più parti si afferma, un vuoto normativo da riempire, risultando già chiarissimo nel nostro ordinamento il diritto di rifiutare le cure e di morire con dignità.

In particolare, si è escluso che il rifiuto delle terapie medico-chirurgiche, anche quando conduca alla morte, possa essere scambiato per un'ipotesi di eutanasia, perché tale rifiuto è frutto di un’autonoma scelta , da parte del malato, che la malattia segua il suo corso naturale.

Le opinioni sono state concordi anche nel ritenere che una legge può essere utile per eliminare ragioni di contrasto, per disciplinare la forma ed il contenuto del testamento biologico, per risolvere la questione della sua efficacia nel tempo, delle modalità della sua possibile revoca, ma che un intervento del legislatore non può rimettere in discussione il principio del consenso informato e quindi la valutazione di illegittimità di trattamenti medici che prescindano dalla volontà del malato.

Si è quindi auspicato un intervento "leggero" del Parlamento, diretto soltanto a disciplinare le modalità e la forma delle direttive anticipate che ogni persona voglia dettare per il caso in cui uno stato di incapacità la privi della possibilità di esprimere il suo rifiuto alle cure.

La senatrice Bassoli , relatrice della legge sul testamento biologico nella precedente legislatura e co - firmataria di un disegno di legge presentato il 28 aprile 2008 in materia di consenso informato e di dichiarazioni di volontà anticipate nei trattamenti sanitari ( Atti Senato nn. 10, 51, 136, 281, 285, 483, 800, 972, 994, 1095/2008), ha illustrato il contenuto delle proposte , assegnate alla Commissione Igiene e Sanità del Senato, e la difficoltà di pervenire in tempi brevi ad una soluzione unitaria con le altre forze politiche, in considerazione della diversità delle rispettive posizioni. In particolare ha ricordato che tutti i testi sono fondati sul consenso informato e che tuttavia tale elemento comune, che pure dovrebbe indurre a coerenti scelte normative, non ha impedito di adottare soluzioni profondamente differenziate nei vari testi, ritenendosi in alcuni progetti che l’ idratazione e l’ alimentazione forzata non costituiscano trattamento medico, ma mezzi di sussistenza, e non possano quindi essere mai interrotte, ed affermandosi anche in alcuni articolati la non vincolatività per il medico della volontà del paziente, ovvero optandosi nel caso di contrasto tra medico e paziente per la remissione al Comitato etico.

Decisamente lontano dall’ approccio giurisprudenziale è apparso l’ intervento della senatrice Alberti Casellati, che nell’affermare che l’ idratazione e l’alimentazione forzata costituiscono mezzi di sostentamento, la cui interruzione produce in via diretta la morte, e quindi è da trattare come strumento di morte, ha ritenuto indispensabile e urgente un intervento del legislatore che ponga precisi limiti alla volontà del malato, così da evitare - nonostante la inammissibilità del conflitto di attribuzioni sancita dalla Corte Costituzionale - che altri giudici compiano nuove, asserite invasioni di campo del potere legislativo.

Il rischio è dunque quello di una legge che si ponga come una rivincita sui giudici: una cattiva legge che attraverso un uso distorto del concetto di " natura" , tale da cancellare il principio di " dignità " e da rasentare il sadismo - come ha ricordato nel suo intervento Simona Argentieri - cancelli quel diritto all’ autodeterminazione della persona riconosciuto come diritto inviolabile dalla Costituzione e dalle convenzioni internazionali; una legge che attraverso l’ esaltazione del potere discrezionale del medico finisca per annullare la volontà della persona; una legge che sotto la spinta di una falsa ideologia propini come scelta di vita piuttosto che di morte un atto di imperio nei confronti dei più deboli.

4. Sul tema della fecondazione assistita, il prof. Patti ha sottolineato la tragicità dei temi oggetto del dibattito e l’esistenza tra di loro di punti di contatto , anche per il modo in cui essi si sono sviluppati nel nostro ordinamento. Netto il giudizio negativo sulla legge in materia di fecondazione assistita, in particolare in relazione al divieto della fecondazione eterologa , che non ha affatto impedito il ricorso a tale tipo di procreazione , determinando un flusso di aspiranti genitori verso altri Paesi europei, nei quali tale fecondazione è consentita.

Il prof. Flamigni ha tracciato il quadro delle problematiche connesse alla sterilità primaria e secondaria che colpisce il 20 % circa delle coppie in Italia , entrando anche nel merito delle più avanzate tecniche di fecondazione assistita.

Sono stati evidenziati i limiti della legge n. 40 del 2004, la quale in nome dei "diritti dell’embrione" limita la possibilità di ricorrere alle tecniche più avanzate che potrebbero evitare la nascita di bambini condannati a gravissime sofferenze, e nel contempo, attraverso la ricerca sulle cellule staminali embrionali, condurre ad una svolta nella cura di malattie gravissime , come il cancro, il morbo di Parkinson e il diabete.

Il prof. Flamigni ha poi, in particolare, sottolineato – nell’assenza di una indicazione normativa sul punto - la divergenza di opinioni nell’ambiente scientifico in ordine alla individuazione del momento iniziale della vita, illustrando le principali posizioni espresse al riguardo, da quella secondo la quale l’essere umano nasce al momento della comparizione della c.d. stria primitiva (all’incirca quattordicesimo giorno dalla fecondazione), a quella che attribuisce rilievo determinante, a detti fini, alla formazione dello zigote (circa ventiquattro ore dopo la fecondazione).

Dalla illustrazione di tali orientamenti ha tratto spunto M.Rosaria San Giorgio nel suo intervento, che ha preso le mosse dalla considerazione che la legge n. 40 del 2004 sembra riconoscere una soggettività giuridica all’embrione, disegnandone lo status etico e giuridico, e sovvertendo, nel bilanciamento dei valori della tutela della salute del concepito e di quella della madre, il principio della prevalenza della seconda, affermato dalla legge n. 194 del 1978, sulla interruzione volontaria della gravidanza, e legittimato da alcune risalenti pronunce della Corte costituzionale. Posti in evidenza i punti salienti della legge n. 40 del 2004 dai quali emerge tale diverso orientamento (divieto di diagnosi preimpianto - sopravvissuto, secondo la relatrice, all’annullamento delle linee guida del 2004; divieto di revoca del consenso al trasferimento dell’embrione una volta avvenuta la fecondazione; divieto di produrre più di tre embrioni ed obbligo di impiantarli contemporaneamente), la collega San Giorgio ha osservato che una concezione che individui il momento iniziale della vita umana, con la formazione dell’embrione, e con le conseguenti esigenze di tutela, non già nel momento della fecondazione – come, dal complessivo impianto della legge n. 40, sembra abbia fatto la legge medesima – ma in un momento successivo, secondo le considerazioni del prof. Flamigni, consentirebbe una migliore utilizzazione delle potenzialità che il progresso scientifico offre, senza indulgere ad un uso non eticamente ortodosso di tali opportunità.

Infine, Linda Sandulli ha illustrato la recente decisione del TAR Lazio ( 2008, n. 398) , con la quale le Linee guida del Ministero della Salute sono state ritenute illegittime per eccesso di potere laddove prevedono che l’ indagine relativa allo stato di salute degli embrioni creati in vitro può essere solo di tipo osservazionale, mentre nella legge si consente "la ricerca clinica e sperimentale su ciascun embrione umano, sia pure per finalità esclusivamente terapeutiche e diagnostiche volte alla tutela della salute e allo sviluppo dell'embrione stesso, e si consentono interventi aventi finalità diagnostiche e terapeutiche, sempre al medesimo scopo".

Ha altresì ricordato che con contestuale ordinanza il TAR Lazio ha sollevato questione di costituzionalità dell’art. 14 , commi 2 e 3, della legge n. 40 del 2004 , per violazione degli artt. 3 e 32 Cost., laddove tale disposizione prevede la creazione di un numero di embrioni non superiore a tre e il loro contestuale impianto , con divieto della crioconservazione, tranne ipotesi del tutto eccezionali.

Il contrasto con l’art. 3 della Costituzione è stato ravvisato sia sotto il profilo della violazione del canone di ragionevolezza, sia sotto il profilo della violazione del principio di parità di trattamento, mentre la norma denunciata sarebbe anche in contrasto con l’art. 32 per difetto di un adeguato bilanciamento tra la tutela della salute della donna e la tutela dell’embrione.

5. L’importanza dei temi trattati e lo spessore degli interventi hanno assicurato il successo della tavola rotonda, sollecitando nel contempo ulteriori approfondimenti sul rapporto scienza - diritto ed in particolare sul momento iniziale della vita umana e sulla tutela dell’embrione, e cioè se la stessa va assicurata fin dalla fecondazione ovvero solo in un momento successivo, secondo lo scenario prospettato dal prof. Flamigni, anche mediante richiami alle legislazioni di altri Paesi europei.

L’ADMI intende portare avanti la riflessione su questi temi, anche mediante la programmazione di seminari da tenere nel prossimo anno. Per questo motivo, invitiamo le colleghe a segnalarci eventuali provvedimenti adottati in materia di fine e inizio vita, nonché ad inviarci scritti (ass.donnemagistrato@mclink.net) per alimentare il dibattito sul nostro sito web.